Dalla Prefazione di Luca De Biase “Un mago. Un leader, temuto e ammirato. Un inventore. Un artista della tecnologia. Un uomo poco diplomatico. Figlio adottivo, studente curioso ma inadatto a finire l’università, pioniere dell’elettronica, seguace dello zen, imprenditore di successo cacciato dall’azienda che ha fondato, creatore di uno degli studios di animazione più acclamati della storia, rigeneratore di un’azienda decotta, magnifico narratore dell’innovazione, eterno sfidante dei colossi dell’informatica, della musica, delle telecomunicazioni, dell’editoria, autore della storia aziendale fra le più ricche di ogni tempo… Ma se ammettiamo che Steve Jobs sia un caso praticamente unico nella storia dei leader aziendali, ha senso cercare di imparare dalla sua biografia per migliorare un’impresa o immaginarne una nuova? […] Jay Elliot ne è convinto. È un testimone dell’energia innovativa generata da Steve Jobs. E avverte l’urgenza di condividere quello che ha visto. Anche perché tra il suo primo libro e quello che avete in mano in questo momento è intervenuta la morte del suo amico, collega e maestro. […] Per Elliot, Steve Jobs è stato prima di tutto un leader e un ispiratore. Tutto, in lui, comincia dalla visione. E la prima prova che la visione deve superare è la sua comunicazione. Elliot ricorda che per Jobs comunicare la visione alla squadra è importante quanto creare un nuovo prodotto. Una visione è una storia che non si è ancora realizzata, che riesce a mettere insieme molte osservazioni e le interpreta in modo originale. […] Al centro della visione di Jobs c’era la convinzione di poter disegnare e migliorare lo spazio che c’è tra la persona e la tecnologia… E ha cominciato lanciando il Macintosh nel 1984. Quella macchina sarebbe diventata un oggetto di culto ma non un immediato successo commerciale… Steve Jobs avrebbe dovuto affrontare l’inferno della cacciata dall’azienda che aveva fondato, avrebbe dovuto imparare a superare se stesso e a condurre i suoi collaboratori a compiere un’analoga impresa, per portare a compimento, molti anni dopo, il suo progetto: che non sarebbe stato un computer ma un insieme di tecnologie, dal Mac all’iPod-iTunes, dall’iPhone all’iPad e all’App Store, che moltiplicano e trasformano prima di tutto le interfacce per accedere alla potenza del digitale. […] L’ultima opera di Jobs, l’iTeam che ha costruito per lasciarlo alla guida della Apple, si trova oggi di fronte alla più grande sfida che il leader ha lasciato in eredità: non trasformare l’azienda in un generatore di cassa seduto sui successi di prodotto già realizzati, ma mantenerla innovatrice e sfidante come un’eterna start-up… La leadership di Jobs è complessa come la sua biografia e resta immensa anche dopo la sua fine. Non si può copiare. Ma rivissuta attraverso le parole di coloro che lo hanno conosciuto a fondo può forse consentire ai lettori di ritrovare in se stessi quella forza concreta e indicibile che li può condurre a occuparsi di ciò che amano per costruire qualcosa di grande. Una storia si è conclusa, ma la storia continua.”
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